La parola mindfulness significa “consapevolezza”, o meglio “attenzione cosciente”. Secondo Jon Kabat-Zinn, biologo molecolare e creatore del metodo MBSR, mindfulness-based stress reduction, focalizzato sulla riduzione dello stress, coltivare un atteggiamento mindfulness vuol dire attivare un atteggiamento non giudicante e di autentica curiosità, portando attenzione sul momento presente.
Vale per ogni aspetto della vita: adottare uno sguardo più consapevole rispetto all’alimentazione può avere l’effetto di un grande cambiamento nella vita quotidiana, come spiega il dottor Emanuel Mian, psicologo psicoterapeuta e responsabile scientifico di Emotifood. Noi siamo quello che mangiamo… e anche come mangiamo, ma non solo. Ecco perché.
Soli… davanti al frigo
«Nel mio lavoro vedo costantemente persone in lotta contro il cibo ed il corpo» spiega il dott. Emanuel Mian, autore di MindFoodNess: «Che cosa significa MindFoodNess? Si tratta di un piccolo gioco di parole nell’intento di cogliere un’ispirazione fondamentale: possiamo aggiungere più consapevolezza alla nostra vita, impariamo a farlo anche nei confronti del cibo perché si tratta del nostro nutrimento e questo ha profondamente a che fare con la relazione che desideriamo sviluppare nei confronti di noi stessi, del nostro corpo e di come viviamo le emozioni».
Secondo gli studi i numeri dell’emotional eating, anche chiamata “fame nervosa”, sono in aumento e mostrano di essere fortemente associati a tutti i momenti in cui manca awareness, consapevolezza.
Individua i tuoi errori nella routine alimentare. La giornata è stata difficile, torniamo a casa stanchi e affamati; magari abbiamo ricevuto una brutta notizia oppure ci sentiamo semplicemente un po’ giù. L’umore è ai minimi e allora finiamo per trovare consolazione nel frigo o in dispensa, per sfamarci a livello fisico e psicologico.
Ci lamentiamo perché manca il tempo da dedicare alla cucina, è vero, ma anche la nostra disponibilità è carente. Inoltre, la disponibilità di cibi già pronti, meno nutrienti e con un contenuto calorico più alto, ci prende alla gola perché solletica il desiderio: le tentazioni sono ovunque.
«Non dimentichiamo che il cibo costituisce un fattore importante di immediata gratificazione» ricorda il dott. Emanuel Mian: «Mangiare è un piacere. Tuttavia, nella vita quotidiana spesso non ci soffermiamo neanche l’attimo sufficiente per sentire i sapori sulle nostre labbra. Ci lamentiamo che non ci hanno saziato, ma magari abbiamo mangiato davanti alla tv o al computer, velocemente e arrabbiati».
Imparare a gestire bene bilancia significa prima di tutto rivedere il nostro rapporto con il corpo: il primo passo è rieducare i sensi e, lentamente, cambiare lo stile di approccio verso l’alimentazione.
Migliora le tue abitudini
Negli ultimi anni è andata crescendo l’attenzione verso mindfulness e meditazione, un’attitudine che lentamente ci spinge, a livello globale, a riflettere sulla consapevolezza che mettiamo nella nostra vita quotidiana.
Il cambiamento può avvenire a piccoli passi, ricordando le nostre radici e la cultura da cui proveniamo. «Pratico meditazione e lo faccio… all’occidentale. Possiamo cercare di prendere l’utile e il meglio di tutte queste consapevolezze a seconda delle nostre possibilità. Anche in metropolitana è possibile attuare un respiro consapevole, in grado di farci rendere conto del nostro corpo, delle tensioni della giornata e di come ci sentiamo davvero».
Che cosa possiamo fare per ritrovare la connessione con la nostra consapevolezza alimentare? Ecco alcuni spunti tratti dal libro Mindfoodness.
– Mangia lentamente. «Una buona strategia per rallentare, è utilizzare la mano sinistra, per esempio, oppure impugnare il coltello con la mano che non utilizzi di solito» suggerisce il dott. Mian. Hai mai provato le bacchette? Ritrovare la lentezza significa conquistare il tempo per godersi appieno il proprio pasto: l’effetto positivo è che ci ritroveremo a gustare di più il cibo, mangiando meno.
– Usa tutti i sensi. Ti soffermi sui rumori e i profumi del cibo che stai preparando? «I suoni ci portano ad avere un’aspettativa, così come gli odori che il cibo emana possono avvicinarci all’esperienza di alimentarci, portandoci a desiderarla, essere neutri o peggio, esserne disgustati o entrare nell’ansia». Fermarsi un attimo e assaporare il profumo, la vista e i colori di ciò che stiamo per portare in tavola… è già iniziare a mangiare.
– Siediti. Vietato mangiare in piedi, anche se sei di fretta! «Una ricerca apparsa sul Journal of Health Psychology nel 2017, effettuata su 60 donne a cui erano state date ciotole con cioccolato, barrette di cereali, patatine o frutta, ha valutato come cambia la percezione a seconda che che il pasto sia sul divano, guardando la tv o camminando. Si potrebbe pensare che mangiare guardando un programma televisivo sia negativo… lo è, ma meno che farlo camminando. Questo succede perché se siamo impegnati in un’attività fisica l’organismo non riceve un adeguato segnale di sazietà. Le donne impegnate in una passeggiata mangiavano cioccolata in media 5 volte di più rispetto alle altre».
– Concentrati. Imparare a essere di più nel momento presente significa riscoprire il momento, rubarlo alla fretta del quotidiano se necessario: bastano 15 minuti, purché si trovi un tempo e un luogo di tranquillità. Mangi al lavoro? Allontanati dalla scrivania. Va bene anche uno sgabuzzino, ma fermati un attimo: apparecchia, crea il setting. Aggiungi la musica che ami. È incredibile constare come tanti problemi legati allo stress e al nervosismo, come reflussi gastrici e difficoltà nella digestione, si riducano quando siamo capaci di ritrovare la tranquillità che ci serve, anche per pochi minuti. È il momento di fare uno stop: mentre mangi evita di controllare il telefono o interromperti per rispondere a una mail. Facciamo fatica a dire no e questo si trasforma in una disponibilità totale verso l’altro senza tener conto dei nostri bisogni profondi.
– Al ristorante. Spesso si finisce per scegliere quello che prendono gli altri, in segno di nervosismo o per evitare di far attendere. Sbagliato! Prenditi il tuo tempo. Un trucco, come spiega il dott. Mian, è… andare alla toilette. Molti problemi alimentari sono fortemente dettati dall’ansia, ecco perché rallentare può aiutarci a prendere consapevolezza. «Impariamo a mettere una pausa, spesso questa semplice strategia permette di ritrovare la connessione con se stessi. Siamo abituati a correre instancabilmente, invece sono sufficienti 15 secondi per iniziare a invertire questa tendenza. Respira. È incredibile quanto il semplice esercizio di fermarsi, anche solo per pochi secondi, all’inizio possa sembrare molto difficile».
Verso una dieta consapevole
Alimentarsi e nutrirsi è molto diverso che semplicemente mangiare. Siamo ciò che mangiamo, ha scritto il filosofo tedesco Ludwig Feurbach. Ma siamo anche ciò che scegliamo di non mangiare e… siamo ciò che decidiamo di mangiare in maniera consapevole.
«Il fast food? Ogni tanto non è il male assoluto, il problema, soprattutto per i bambini, è quando si inizia ad associare questa esperienza a un ricordo positivo. Quando penso alla merenda ricordo il panino che mi preparava mia madre, con il pane fresco che mi piaceva, fatto con le sue mani e preparato apposta per me» sorride il dott. Mian: «La parte emotiva è fondamentale nel rapporto con l’alimentazione. Cucinare insieme e trasformare il momento del pasto in un happening significa celebrare il cibo, ritrovare in esso l’atto socializzante che da secoli, nella nostra cultura, era rappresentato da gesti semplici come un caffè: il valore dello stare insieme. E in questo ritroviamo anche la riscoperta del km zero, la natura e il tempo dell’attesa del fare l’orto. Seminare, potare, vedere e saper aspettare i frutti che crescono».
Il sapore differente di un’autentica lezione di vita.